di Valsaviore

COMINCIOLI ENRICHETTA- Medaglia d'onore

PERCHE’ NESSUNO HA FERMATO QUEI TRENI?

“Se penso a quei diciotto mesi di prigionia nel lager, mi sembra impossibile essere uscita viva da quell’inferno, non c’è altra definizione; un inferno che mi ha tolto, anche dopo, la possibilità di vivere in pace. Parlarne mi fa male: sono ricordi conficcati come un chiodo arrugginito in una piaga; anche se lo volessi non riuscirei a cancellarli perché c’è il mio corpo a ricordarmi le torture, le umiliazioni e i maltrattamenti subiti.

Neppure il sonno mi è amico: ho ancora gli incubi che mi riportano all’inferno nazista dove lacrime e disperazione erano lì, con noi, dalla mattina alla sera, dove si viveva ogni giorno come se fosse l’ultimo. Dovevamo resistere alle torture, alla fame, alla sete, all’incubo della morte sempre in agguato e che poteva venire da una kapò o da un nazista fanatico, ma anche dal cielo dalle bombe alleate. Chi ha provato i lager non ha più paura dell’inferno. Non me la sento di rievocare certi episodi terribili, è troppo doloroso, proprio non ce la faccio. Non voglio inoltre rischiare altre umiliazioni: se descrivessi ogni particolare di quanto ho subito, quello che accadeva nelle carceri fasciste o nei lager tedeschi non mi crederebbe nessuno. Neppure la fantasia di Satana arriverebbe fin dove arrivavano gli esperimenti delle SS sui corpi e sulle menti delle loro vittime. Milioni di persone come me fummo vittime silenziose che nessuno ha difeso. Non erano invisibili le tradotte, che partivano dalle stazioni italiane, dov’era rinchiuso il risultato delle leggi razziali fasciste; non erano invisibili neppure le lunghe file di vagoni dov’erano ammassate intere famiglie innocenti, colpevoli solo di esistere, trasportate verso la morte per soddisfare la rabbia nazifascista. Perché nessuno ha fermato quei treni?”

Enrichetta Comincioli

PERCHE’ NESSUNO HA FERMATO QUEI TRENI?

“Se penso a quei diciotto mesi di prigionia nel lager, mi sembra impossibile essere uscita viva da quell’inferno, non c’è altra definizione; un inferno che mi ha tolto, anche dopo, la possibilità di vivere in pace. Parlarne mi fa male: sono ricordi conficcati come un chiodo arrugginito in una piaga; anche se lo volessi non riuscirei a cancellarli perché c’è il mio corpo a ricordarmi le torture, le umiliazioni e i maltrattamenti subiti.

Neppure il sonno mi è amico: ho ancora gli incubi che mi riportano all’inferno nazista dove lacrime e disperazione erano lì, con noi, dalla mattina alla sera, dove si viveva ogni giorno come se fosse l’ultimo. Dovevamo resistere alle torture, alla fame, alla sete, all’incubo della morte sempre in agguato e che poteva venire da una kapò o da un nazista fanatico, ma anche dal cielo dalle bombe alleate. Chi ha provato i lager non ha più paura dell’inferno. Non me la sento di rievocare certi episodi terribili, è troppo doloroso, proprio non ce la faccio. Non voglio inoltre rischiare altre umiliazioni: se descrivessi ogni particolare di quanto ho subito, quello che accadeva nelle carceri fasciste o nei lager tedeschi non mi crederebbe nessuno. Neppure la fantasia di Satana arriverebbe fin dove arrivavano gli esperimenti delle SS sui corpi e sulle menti delle loro vittime. Milioni di persone come me fummo vittime silenziose che nessuno ha difeso. Non erano invisibili le tradotte, che partivano dalle stazioni italiane, dov’era rinchiuso il risultato delle leggi razziali fasciste; non erano invisibili neppure le lunghe file di vagoni dov’erano ammassate intere famiglie innocenti, colpevoli solo di esistere, trasportate verso la morte per soddisfare la rabbia nazifascista. Perché nessuno ha fermato quei treni?”

Enrichetta Comincioli

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