Quante volte in montagna o a tavola con Bruno ho sentito direttamente dalla sua voce molti dei racconti che sono qui proposti.
In questa pubblicazione, di cui penso il protagonista sarebbe molto fiero, vi è concentrato tanto del suo pensiero e della sua vita.
Bruno amava tanto la Storia. Passava ore e ore nel suo studio a leggere e rileggere i suoi preziosi libri.
Partiva dalla Storia romana e dalle origini della nostra società, si soffermava sull’Illuminismo per giungere, in un susseguirsi di riferimenti storici, fino ai giorni nostri.
Vi è un filo che lega tutti gli avvenimenti –la Rivoluzione Francese, Garibaldi, la Grande Guerra, fino ad arrivare ai martiri della Resistenza– e questo filo è la lotta delle masse popolari verso l’emancipazione e la libertà.
In tutta la sua analisi vi è un richiamo continuo all’acculturamento delle classi popolari, quale unico strumento di affrancamento dai potenti e dalle loro mire di sfruttamento. Cultura e spirito critico, che difendono l’uomo dai falsi miti della “superiorità della razza” e dell’”uomo forte”. Come vi è un filo che lega Cincinnato, Garibaldi e i nostri partigiani: è il servizio verso la Patria nel momento del bisogno e il ritorno a casa senza onori e riconoscimenti.
Bruno non tralasciava di trattare temi anche molto complessi e guardava al fondo delle cose, non tacendo sulle tante questioni politiche e sociali che analizzava sempre con grande spirito critico. Chi lo ha conosciuto sa quanto sia sempre stato perplesso verso le ingerenze delle gerarchie ecclesiastiche nella vita politica dello Stato, di cui ha sempre difeso strenuamente la laicità.
Contemporaneamente era anche una persona genuinamente religiosa, interessata alla dimensione dello spirito. Si confrontava con i parroci della sua zona in discussioni interminabili, in cui non raramente otteneva l’ultima parola e l’apprezzamento dell’interlocutore. Riconosceva che il Dio cristiano non è un Dio portatore di guerre e distruzioni. La colpa di tutto il male che c’è stato nella Storia la vedeva negli uomini che non ascoltano il messaggio di pace di cui Cristo, il Dio dei poveri e degli ultimi, si era fatto portatore. Portava l’esempio di Don Luigi Milani e l’esperienza della sua Scuola di Barbiana.
Fiamma Verde della Brigata Lorenzini, il nostro partigiano “Carlo” ha partecipato a numerose azioni nella Resistenza al nazifascismo, dimostrando coraggio e determinazione.
Ricordava sempre i giorni felici e gloriosi della liberazione di Breno e la delusione dopo la smobilitazione per la sensazione di sentirsi messo da parte. Bruno era patriottico, cosa che ogni tanto cercava di sminuire avendo sempre paura dell’uso del termine che ne è stato fatto in passato. Ricordo il suo accorato appello alla «difesa della bandiera da chi vuole umiliarla con una politica devastante di miti e lutti».
L’amore per la Patria si legge anche nel suo forte richiamo al dovere civico di ricordare i nostri Caduti, «come tutti i cittadini di buon senso dovrebbero fare» perché «è il più sublime dei rispetti di chiunque abbia una moralità».
Ma il tema per lui fondamentale era la “Resistenza Tradita”: negli ultimi anni, sia in privato che in varie occasioni pubbliche, Bruno citava il libro L’altra Resistenza di Peter Tompkins, il quale scrive: «Se i tedeschi persero la guerra, i partigiani non la vinsero» Secondo Bruno, questa teoria è verità ed è la causa dei tanti mali politici e sociali con cui ancora oggi ci troviamo a fare i conti. Un’analisi forse in parte condivisibile, ma a mio parere troppo severa.
La Resistenza, intesa come processo di rinnovamento politico e sociale, non è stata portata a compimento: troppe cose sono restate insolute e troppi sogni non hanno trovato realizzazione. Ma, l’avanzamento politico e sociale ed il radicamento dei valori della libertà e della democrazia sono proseguiti e si sono consolidati. Non si può non considerarla una vittoria.
A queste mie osservazioni lui rispondeva: «Quale periodo storico viviamo, se non un periodo di smarrimento generale e
morale, prima ancora che politico-sociale? Abbiamo bisogno di ideali, ma ci sentiamo incoraggiati al cinismo, alla corsa alla
ricchezza, all’egoismo».
Le giovani generazioni onorano e ringraziano tutti i Partigiani per quello che ci hanno lasciato e quindi a me non resta che dirti,
Bruno, sii orgoglioso di tutto quello che hai fatto, tutta l’Italia vi onora e vi rispetta.
Quante ore, caro Bruno, hai passato a schiacciare i tasti della tua vecchia macchina da scrivere ET PERSONAL-510-II, quanti appunti selezionati e raccolti, quanti libri da consultare, quanti testi da consegnare ad amici e collaboratori!
E quanti giovani sono venuti a cercarti, e nel tuo studio sono restati ad ascoltare i tuoi ricordi e i tuoi suggerimenti.
Grazie Bruno, grazie per quello che ci hai insegnato e per quanto mi sei stato consigliere ed amico.
Luca Santi
Quante volte in montagna o a tavola con Bruno ho sentito direttamente dalla sua voce molti dei racconti che sono qui proposti.
In questa pubblicazione, di cui penso il protagonista sarebbe molto fiero, vi è concentrato tanto del suo pensiero e della sua vita.
Bruno amava tanto la Storia. Passava ore e ore nel suo studio a leggere e rileggere i suoi preziosi libri.
Partiva dalla Storia romana e dalle origini della nostra società, si soffermava sull’Illuminismo per giungere, in un susseguirsi di riferimenti storici, fino ai giorni nostri.
Vi è un filo che lega tutti gli avvenimenti –la Rivoluzione Francese, Garibaldi, la Grande Guerra, fino ad arrivare ai martiri della Resistenza– e questo filo è la lotta delle masse popolari verso l’emancipazione e la libertà.
In tutta la sua analisi vi è un richiamo continuo all’acculturamento delle classi popolari, quale unico strumento di affrancamento dai potenti e dalle loro mire di sfruttamento. Cultura e spirito critico, che difendono l’uomo dai falsi miti della “superiorità della razza” e dell’”uomo forte”. Come vi è un filo che lega Cincinnato, Garibaldi e i nostri partigiani: è il servizio verso la Patria nel momento del bisogno e il ritorno a casa senza onori e riconoscimenti.
Bruno non tralasciava di trattare temi anche molto complessi e guardava al fondo delle cose, non tacendo sulle tante questioni politiche e sociali che analizzava sempre con grande spirito critico. Chi lo ha conosciuto sa quanto sia sempre stato perplesso verso le ingerenze delle gerarchie ecclesiastiche nella vita politica dello Stato, di cui ha sempre difeso strenuamente la laicità.
Contemporaneamente era anche una persona genuinamente religiosa, interessata alla dimensione dello spirito. Si confrontava con i parroci della sua zona in discussioni interminabili, in cui non raramente otteneva l’ultima parola e l’apprezzamento dell’interlocutore. Riconosceva che il Dio cristiano non è un Dio portatore di guerre e distruzioni. La colpa di tutto il male che c’è stato nella Storia la vedeva negli uomini che non ascoltano il messaggio di pace di cui Cristo, il Dio dei poveri e degli ultimi, si era fatto portatore. Portava l’esempio di Don Luigi Milani e l’esperienza della sua Scuola di Barbiana.
Fiamma Verde della Brigata Lorenzini, il nostro partigiano “Carlo” ha partecipato a numerose azioni nella Resistenza al nazifascismo, dimostrando coraggio e determinazione.
Ricordava sempre i giorni felici e gloriosi della liberazione di Breno e la delusione dopo la smobilitazione per la sensazione di sentirsi messo da parte. Bruno era patriottico, cosa che ogni tanto cercava di sminuire avendo sempre paura dell’uso del termine che ne è stato fatto in passato. Ricordo il suo accorato appello alla «difesa della bandiera da chi vuole umiliarla con una politica devastante di miti e lutti».
L’amore per la Patria si legge anche nel suo forte richiamo al dovere civico di ricordare i nostri Caduti, «come tutti i cittadini di buon senso dovrebbero fare» perché «è il più sublime dei rispetti di chiunque abbia una moralità».
Ma il tema per lui fondamentale era la “Resistenza Tradita”: negli ultimi anni, sia in privato che in varie occasioni pubbliche, Bruno citava il libro L’altra Resistenza di Peter Tompkins, il quale scrive: «Se i tedeschi persero la guerra, i partigiani non la vinsero» Secondo Bruno, questa teoria è verità ed è la causa dei tanti mali politici e sociali con cui ancora oggi ci troviamo a fare i conti. Un’analisi forse in parte condivisibile, ma a mio parere troppo severa.
La Resistenza, intesa come processo di rinnovamento politico e sociale, non è stata portata a compimento: troppe cose sono restate insolute e troppi sogni non hanno trovato realizzazione. Ma, l’avanzamento politico e sociale ed il radicamento dei valori della libertà e della democrazia sono proseguiti e si sono consolidati. Non si può non considerarla una vittoria.
A queste mie osservazioni lui rispondeva: «Quale periodo storico viviamo, se non un periodo di smarrimento generale e
morale, prima ancora che politico-sociale? Abbiamo bisogno di ideali, ma ci sentiamo incoraggiati al cinismo, alla corsa alla
ricchezza, all’egoismo».
Le giovani generazioni onorano e ringraziano tutti i Partigiani per quello che ci hanno lasciato e quindi a me non resta che dirti,
Bruno, sii orgoglioso di tutto quello che hai fatto, tutta l’Italia vi onora e vi rispetta.
Quante ore, caro Bruno, hai passato a schiacciare i tasti della tua vecchia macchina da scrivere ET PERSONAL-510-II, quanti appunti selezionati e raccolti, quanti libri da consultare, quanti testi da consegnare ad amici e collaboratori!
E quanti giovani sono venuti a cercarti, e nel tuo studio sono restati ad ascoltare i tuoi ricordi e i tuoi suggerimenti.
Grazie Bruno, grazie per quello che ci hai insegnato e per quanto mi sei stato consigliere ed amico.
Luca Santi